Venerdì 19 aprile 2024 | Ore 18:00 – Museo Diocesano d’Arte Sacra di Sermoneta
Sculture e dipinti
Emilia Isabella vive ed opera a Sermoneta.
Si diploma in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia (Roma). Segue corsi di
composizione e direzione di musica polifonica. Dal 1958 inizia ad operare nel
mondo delle arri visive. Si dedica alla pittura e partecipa a concorsi nazionali ed
internazionali. Dal 1976 si applica anche alla scultura (marmo, travertino, pietra
lavica, ferro) nel suo grande atelier nella campagna di Sermoneta.
Hanno scritto di lei Marcella Cossu, Nello Ponente, Marco Valsecchi, Marcello
Venturoli, Giorgio Agnisola, Barbara Martusciello, Vincenzo Scozzarella.
Le perfette sculture di Emilia Isabella – talvolta elaborate sino alla assoluta
levigatezza – nascono da una lunga ricerca che giunge a una purezza di forme utili
a stabilire un intimo dialogo con lo spazio che le circonda.
Sono opere fatte di accorti rapporti di massa e volume, di un’intensa presenza di
valori materici. Invitano a superare la pura percezione visiva e giungere ad una
accogliente, tattile, espressività.
“Dialoghi contemporanei” è una rassegna di esposizioni temporanee, un confronto tra il patrimonio artistico antico della collezione permanente del Museo diocesano d’Arte sacra di Sermoneta e la produzione moderna e contemporanea di alcuni artisti selezionati. Ma più a fondo indaga sul legame tra l’arte contemporanea e la spiritualità o il sacro.
“Forme dell’Invisibile” di Emilia Isabella è una mostra personale e antologica. Intende tratteggiare un “ritratto” dell’artista riflesso nella sua ampia produzione, i cui elementi attingono solo in parte alla natura, soprattutto alla materia (alle pietre e al marmo con le sue venature), alla geometria, al linguaggio astratto (come la scrittura della musica; l’artista inizia il suo percorso come musicista) e alla bellezza di forme non figurative. Rappresentare l’invisibile, dargli una forma. Quasi un ossimoro. Viviamo in un mondo che sovrabbonda di immagini, che ha allontanato da sé il rapporto con un intangibile altrove. Che spazio c’è, oggi, per l’invisibile? Il tema dell’invisibile ha origini molto antiche e, potremmo dire, riguarda il non-visibile ma non l’impercepibile. Già Aristotelesosteneva che le opere d’arte si possono distinguere dai prodotti della natura, “perché la loro forma–non ancora visibile–prima di penetrare nella materia, esiste nell’anima dell’uomo”. L’uomo possiede la capacità di cogliere l’invisibile e tradurlo in forme e immagini. Alcuni secoli più tardi Plotino, a proposito di come l’intervento dell’artista possa determinare la “forma”,affermerà:
“Bella potrà apparire la pietra che è stata condotta dall’arte alla bellezza della forma, e sarà tale non grazie al suo esser pietra, poiché altrimenti anche l’altra sarebbe ugualmente bella, bensì grazie alla forma che l’arte le ha infuso. Certo la materia non possedeva questa forma, ma essa esisteva in chi la pensava anche prima di raggiungere la pietra; ed esisteva d’altra parte nella mente dell’artefice, non perché egli fosse dotato di occhi o di mani, ma in quanto partecipava dell’arte.”
Già da sole, queste riflessioni ci possono far comprendere come da sempre la creazione artistica sia stata legata agli interessi più profondi dell’uomo, alla sua mente, all’anima, allo “spirito” e al rapporto con il non visibile. L’arte è stata strumento di conoscenza dell’intangibile, del divino. Attraverso l’arte l’uomo ha cercato di rappresentarlo ed esprimere il proprio “bisogno di Dio”. Secondo Hegel, la raffigurazione artistica deve avere come oggetto la soggettività spirituale, il sentimento dello spirito. L’uomo deve acquisire attraverso l’arte:
“un’esistenza spirituale, nella quale non soltanto viene saputo come puro pensiero, a livello ideale, bensì può anche essere sentito e intuito, così, come unica forma che attui la doppia esigenza per un verso della spiritualità e per l’altro verso della possibilità di cogliere e di rappresentare per mezzo dell’arte, non ci resta altro che l’intimità dello spirito, l’animo, il sentimento.”
In tal senso si esprimerà, all’inizio del Novecento, anche il padre dell’Astrattismo Wassily Kandinsky che, nel 1912, scriverà:
“La vera opera d’arte nasce dall’artista in modo misterioso, enigmatico, mistico. Staccandosi da lui assume una sua personalità e diviene un soggetto indipendente con un suo respiro spirituale e una sua vita concreta. Diventa un aspetto dell’essere. […] Se l’arte è momento di rivelazione dello Spirito, non potrà che essere astratta, un’arte senza oggetti, se non lo Spirito nella sua Rivelazione”.
Le prime opere astratte di Kandinsky aprono la via al suono interiore dei segni e dei colori, alla continua ascesa verso la libertà della materia, da raggiungere attraverso analogie e corrispondenze con la musica. E proprio la musica ci introduce alle “Forme dell’Invisibile” di Emilia Isabella. Nelle sue opere Emilia – musicista diplomata in pianoforte al Conservatorio di Roma – integra la sua esperienza di vita e di comprensione del mondo, con la somma delle conoscenze e l’insieme delle tecniche scelte. Alcune opere sembrano provenire da un mondo alieno e pare vogliano comunicare attraverso un linguaggio di segni incisi, prodotti da una Intelligenza superiore; brani di “geometrie musicali”, astratte come astratto è il linguaggio musicale. L’arte afferma “la fede testarda dell’umanità nell’esistenza di un principio invisibile, immortale, immanente, presente al centro dell’essere umano e, correlativamente, in un principio trascendente unico, eterno, non creato, creatore di tutte le cose”. L’arte attesta i valori più estremi, più veri e profondi dell’uomo; nelle espressioni più oneste e sincere l’artista testimonia una sacralità laica. L’Invisibile, cui il titolo allude, è l’astrazione delle forme esposte – solo in alcuni casi naturalistiche – e dello sviluppo “aperto”, asimmetrico, degli infiniti punti di vista necessari ad una esauriente, ma non conclusa, percezione. Astrazione come comprensione non esaustiva di un’opera mai “perfetta”, ma sì assoluta! Le piccole installazioni e le sculture sfuggono ad una univoca impressione; in esse la materialità e la gravità del marmo sono annullate dalle forme dinamiche. L’Invisibile del titolo suggerisce una realtà Altra, sacra, potenzialmente divina. Le innumerevoli prove dell’intelligenza dell’uomo, quanto ha prodotto nell’architettura e nell’arte, la perfezione delle sue opere non possono meravigliare, dato che egli ne sarebbe, prima di tutte le altre creature, l’Immagine.